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“La Maschera” di Pirandello: una guida (ironica) per sopravvivere alla vita sociale

Avete presente quando uscite di casa e vi trasformate magicamente in una persona completamente diversa? Tipo Clark Kent che diventa Superman, ma al contrario? Bene, allora siete già nel regno delle maschere pirandelliane, anche se non lo sapevate. Luigi Pirandello, con il suo sorriso sornione da intellettuale siciliano, l’aveva già capito: nella vita, siamo tutti attori con una maschera ben incollata sul viso. E non si parla di carnevale.

Pirandello: Maestro delle Maschere e psicologo non dichiarato

Secondo il nostro caro Luigi, non siamo mai davvero noi stessi. Anzi, siamo un groviglio di “chi” e “cosa” che cambiano a seconda della situazione. Al lavoro? Sei la maschera dell’efficienza. In famiglia? La maschera del figlio modello (o del ribelle, dipende dal contesto). Al primo appuntamento? Beh, quella è la maschera del “sono-divertente-e-non-ho-traumi”, almeno fino a quando non si scopre che hai una playlist Spotify intitolata “Piangere sotto la doccia”.

Pirandello lo chiama il gioco delle maschere: una recita continua dove non possiamo fare a meno di adattarci. La cosa divertente? Spesso non ci accorgiamo nemmeno di quale maschera stiamo indossando.

Le Maschere della vita quotidiana

Ecco qualche esempio pratico, perché Pirandello è bello e tutto, ma noi viviamo nel 2025 e abbiamo bisogno di un linguaggio più diretto:

  1. La maschera del buongiorno-finto-in-ufficio: Quella che indossi mentre saluti il collega che hai sempre odiato con un sorriso forzato da emoji.
  2. La maschera del perfetto genitore su Instagram: Foto dei bambini sempre puliti e sorridenti, ma nella realtà hai appena passato 20 minuti a convincerli a non mangiare la plastilina.
  3. La maschera del cliente educato al ristorante: Quando il cameriere sbaglia il tuo ordine e tu dici: “Va bene lo stesso”, mentre dentro stai urlando: “Non volevo la pizza con l’ananas!”

E poi c’è quella più complessa di tutte: la maschera di chi non indossa maschere. Un vero capolavoro di ipocrisia pirandelliana.

Ma le Maschere sono così male?

Prima di iniziare a urlare “Ipocrita!” davanti allo specchio, fermiamoci un attimo. Pirandello non ci condanna per indossare maschere. In fondo, sono il nostro modo per sopravvivere in un mondo che ci richiede di essere tutto e niente allo stesso tempo. E diciamocelo, togliersi la maschera sarebbe pure imbarazzante. Chi vuole davvero mostrarsi nella sua versione da “mi sono appena svegliato e ho dimenticato il caffè”?

Le maschere, in fondo, sono come il Wi-Fi: invisibili, ma indispensabili per connetterci con gli altri. Certo, a volte il segnale è debole e facciamo fatica a capire chi siamo davvero dietro tutte queste connessioni, ma ehi, chi non ama un po’ di mistero?

Come gestire le tue Maschere (senza andare in crisi esistenziale)

  1. Accettale: Le maschere fanno parte della vita. Non è ipocrisia, è adattamento sociale. E se lo dice Pirandello, possiamo fidarci.
  2. Divertiti a cambiarle: Chi l’ha detto che una maschera non possa essere divertente? Prova a indossare quella dell’“ottimista contagioso” una volta ogni tanto, anche se sei il re del cinismo.
  3. Riconosci quando esageri: Se ti senti come un protagonista di un dramma pirandelliano, forse è il momento di togliere un paio di maschere e fare un respiro profondo.

La Maschera non ti rende falso, ti rende umano

In un mondo che ci richiede di essere tutto per tutti, la maschera non è un nemico, ma un alleato. Pirandello ce lo insegna con il suo teatro, pieno di personaggi che cercano disperatamente di capire chi sono. E se la risposta non arriva, poco male: la vita, dopotutto, è un gioco di ruoli. Godiamocelo.

Quindi, la prossima volta che indosserete una maschera, ricordatevi: siete in buona compagnia. E magari, tra un cambio e l’altro, sorridete al pensiero di Luigi che da lassù vi osserva, compiaciuto. Anche lui, in fondo, aveva le sue maschere.

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